sabato 10 dicembre 2011

"Solo concert" di Mehldau al teatro Bellini



Una strana calda sera d' inverno, è novembre. Lui entra con i suoi mocassini verde mela scamosciati, la camicia a quadrettini con la balza da fuori, si siede ed inizia il suo show.
E' lui, è Mehldau.

In città è la sera in cui gioca il Napoli. Fantastico per due amiche che vanno a sentire un assolo jazz, per le strade della city non c'è traffico, il parcheggio si trova vicino al Bellini. C' è tanta gente in fila per il biglietto per vedere lo statunitense Brad nella sua unica data italiana.

E' presto, mangiamo bruschette e beviamo vino bianco al bar delle Belle Arti. Fumiamo una sigaretta di drum e di corsa a teatro, ad occupare i nostri posti nel palchetto. Ci guardiamo intorno, osserviamo lo spettatore medio del jazzista, c' è uno che sembra il sosia di Caparezza ed un altro di Bob Marley. Nei bagni parliamo con una ragazza che non conosce il famoso pianista e a cui hanno regalato il biglietto del concerto per il compleanno.


Mehldau entra con classe e semplicità, un cerchio di luce lo illumina, si siede inizia subito a tastare il piano veloce, poi velocissimo, quasi come la luce. Attendiamo che inizi ad appoggiare estasiato la sua guancia sulla spalla, il suo segno distintivo e da subito ci sentiamo quasi illuminate in un viaggio sonoro. Tre ore e mezza di emozioni, belle e brutte a tratti strazianti.

Un mondo introspettivo quella della musica di Mehldau, è lui con il suo piano, a volte si abbracciano ed a volte combattono, ma lui vince sempre. Quasi metafora neoclassica dell'uomo al centro del mondo che tutto può. Un concerto che mette al bando la noia e fa spazio a i pensieri più nascosti, lontani, proibiti. Una boccata d'aria pulita per le nostre orecchie. E così è che ci allieta e ci alliena dalla routine con All the things you are e Music exit.

Il pianista è famoso per i suoi pezzi classici di jazz ma soprattutto per rifacimenti di canzoni pop e rock di artisti noti contemporanei, come i Radiohead. Ciò fa sì che il suo pubblico sia trasversale e che il grande Mehldau non sia soltanto per pochi adepti ma per un pubblico più vasto. Il prezzo del biglietto nei palchi di dodici euro, prezzo più che abbordabile per un jazzista paraganato a Jarrett e che si ispira Bill Evans. Un pianista Mehldau ritenuto una delle voci più poetiche del jazz contemporaneo.

domenica 18 settembre 2011

Il cammino di Santamina


Un cappello di paglia, la coda laterale, la mia Malboro Light tra le dita ed un sorriso alla vita! Così inizia il mio viaggio in cote d' azul, la costa a sud della Francia, meta molto ambita del jet set internazionale.

Un atterraggio da Dio a Nizza, l'aeroporto a fior d'acqua col mare, quasi come se galleggiasse. E poi quei mini aeri privati che sostano nell'area di atterraggio di chissà quali rampolli stra- milionari. Non siamo nemmeno atterrate e già ne annusiamo lo sfarzo!
Durante il viaggio scopriamo che c'è un aereo diretto Napoli -Nizza fatto apposta per chi va a giocare al casinò di Montecarlo.

Atterrate, subito cerchiamo di prendere un taxi (tra l'altro solo di gran lusso) ma ci rendiamo conto che non sono molto simpatici i tassisti, non vogliono sbilanciarsi sulle tariffe ed allora riversiamo sul bus che a solo un euro ci porta a Nice, in Promenade des Angles, la fantastica baia degli angeli.

Arriviamo a Nizza di notte, un viaggio molto comodo. Il tempo di arrivare in albergo, sistemare le valige e subito usciamo per andare a mangiare un boccone. La promenade ovvero il lungo mare di spiaggia lungo sei chilometri, fatto di sassi ,che caratterizza Nizza è bellissima e suggestiva. Le sedie blu che sostituiscono le panchine sono davvero un bel appoggio per sedersi e meditare guardando il Mediterraneo.

La mattina dopo viaggiamo in taxi verso Villefranche, un paese sul mare vicino Nizza, lì la baia è splendida, l'acqua cristallina. Villefranche è divisa da Nizza da una scogliera a picco sul mare ed è chiamata così perchè un tempo era un porto franco. Qui, come a Nizza, pochi stabilimenti balneari, molte spiagge libere con docce e bagni, ideale per attrarre turismo. Ci accompagna lì un tassista che appena capisce che siamo italiane ci fa ascoltare un cd di Eros Ramazzotti e noi che cantiamo a squarciagola per tutto il tragitto conquistiamo subito al sua simpatia!

Una giornata bella a Villefranche, rilassante, mangiamo al ristorante sulla spiaggia e poi pronte per ritornare a Nizza.
Quì scopriamo l'esistenza di un ristorante italiano, Portovenere. E' mia abitudine di viaggio scovarmi un ristorante italiano e passarci lì tutte le sere. Portovenere è di Thomas, un ragazzo calabrese che vive lì da dieci anni, nel suo locale fanno un tiramisù che è una squisitezza! Ci rendiamo conto che per quanto la promenade sia bella e affascinante nei colori, lì tra l'altro sorge il famoso hotel Negresco, in realtà è frequentata da molti extracomunitari e per questo considerata pericolosa. Ma Nizza è bella anche per Place de Messena e la città vecchia, dove si esibiscono artisti di strada, si mangia la socca (farina di ceci, tipico piatto nizzardo) e ci sono tanti localini sia per bere che per mangiare. E' molto affascinante Nizza vecchia di notte, il suo colore ocre ti avvolge ed è facile trovare tante sorprese per strade come un gruppo di tangheri che si esibisce nella villa comunale.

I viaggi in bus hanno caratterizzato la nostra vacanza, viaggi passati a dormire, a leggere, a guardare dal vetro le bellezze della cote. Con il bus andiamo a Cannes, dove si festeggia il celebre festival. Di Cannes colpisce il porto pieno zeppo di barche di lusso, l'edificio del Festival che in realtà per alcuni stona un po' in quella meraviglia naturale, e la Croissette ombreggiata da altissime palme. Si racconta che quì a Cannes un russo abbia speso un milione di euro per champagne e lasciato 50 centesimi di mancia al cameriere.Cannes ha un po' di tutto delle altre città della Costa, è tutto e niente ed è ottimo punto di sosta per le escursioni nell'entroterra.

Certo Cannes non è centro balneare frenetico come Saint Tropez.
Una piccola Capri quest'ultima, forse più bella di Capri perchè più rustica e selvaggia. Colpisce questo piccolo paese di Pescatori, diventato famosissimo in tutto il mondo, punto di incontro dei ricconi, dove Brigitte Bardot andava al market a piedi nudi a fare la spesa. Sedersi ad un bar non è poi tanto costoso come dicono. S. Tropez nonostante sia caratterizzata da bellissimi yacht e frequentata da vip mantiene il suo stile originario, case variopinte molto semplici ed è piccola, facile da esplorare a piedi.

Poi c'è San Paul di Vence ovvero il paese in collina delle gallerie d'arte, veramente una dopo l'altra per le viuzze del posto. Città molto caratteristica dove il tempo si è fermato, echi medievali, aria che profuma d'arte, poche anime del posto e tanti visitatori, quì negli anni '20 si incontrano Modigliani e Signac.

E perchè non passare una mattinata nelle acque di Eze, la solitaria Eze. Un'insenatura silenziosa, nascosta, dove stendersi sul bagnasciuga tra l'asciutto diventa una necessità per trovare la pace dei sensi. Noi ad Eze abbiamo vissuto il suo mare ma in realtà la sua bellezza sta in questo paesino abbarbicato su una montagna a picco sul mare che pare un presepio, le case incollate alla roccia...stupendo!

E poi le serate nell'ordinata Montecarlo le cui luci non si spengono mai!I l Casinò , il Gimmiz frequentato da escort russe che pavoneggiano con le loro borse chanel e gli abiti costosissimi. Qui c' è la movida, quella dell'alta società. Gli istituti bancari sembrano degli hotel lussuosi, il casinò bellissimo all'esterno, un po' deludente all'interno, poche le sale visitabili. Fiumi di Ferrari e macchinioni guidate da giovani figli di papà. Montecarlo, la città finta dove però devi starci almeno una volta perchè ti sembra di vivere in un film.

E poi St Jaen Cap de Ferrat dove sorge la villa di Bill Gates, posto rinomato, dove il mare è molto bello e ci sono ville lussuosissime nascoste da alte cortine di siepi. E Juan Li Pins, vivace località balneare, ideale per una serata giovanile (come Antibes), famosa anche per il suo festival del jazz.

La Riviera francese ha tanto altro da vedere, dieci giorni sono pochi. Un ambiente molto elitario, lusso sfrenato, colline ricoperte dal verde dei pini e mare azzurro, mecca della dolce vita internazionale.

lunedì 11 aprile 2011

X X X


Atterrare all'aeroporto di Shiphol, bere subito una birra su un pavimento dove si pestano gusci di noccioline americane. Ed uscire fuori all'aria aperta e beccare il sole lì dove fino a poco tempo c'era un manto innevato. Prendere il treno per la stazione, uscire dalla stazione e immergersi in un bagno di folla. Di gente che in massa aspetta che si accenda l'omino verde per attraversare, motorini guidati senza casco, ciclisti che sfrecciano, bambini portati nei cestini di quelle bici.

E dalla stazione si va sempre dritto fino a piazza Dam, il cuore della città, dove il mondo si riunisce tutti i santi giorni, sdraiandosi ai piedi dell'obelisco, bevendo una birra, fumando una canna, ascoltando il complessino jazz di turno.

La gente è in ogni prospettiva del mio sguardo. Una grande piazza piena di persone in ogni suo punto. Andiamo all'albergo che si trova a Warmoestraat, una stradina che imbocchiamo da Dam. Un giovane polacco col suo risciò ci segue, vorrebbe che lo chiamassimo. Camminiamo trascinando le nostre valigie per questa stradina stretta ma piena zeppa di gente di ogni razza ed estrazione sociale. A destra e sinistra locali che a Napoli sarebbe difficile incontrare: coffeeshop, condomeria, gay cinema, brown caffè e poi il nostro alberghetto.

Ci rendiamo conto che abbiamo scelto l'albergo in una zona molto strategica e popolosa. Anche la Red light è a due passi: una strada buia, illuminata dai neon rossi delle vetrine e queste donne in bikini che ammiccano con chiunque passi. Donne bellissime, da rivista, non comuni che però potrebbero essere momentaneamente di chiunque per cinquanta euro. Non provate a scattare foto a queste giovani ragazze per la maggior parte dell'est, i loro papponi potrebbero inalberarsi con voi. Caratteristico è un corridoio di strada piena di graffiti variopinti dove si trovano queste donne, un vicoletto così angusto dove bisogna passare uno per volta.

E poi i canali, tanti canali ed un solo fiume Amstel. E poi ancora il mercato galleggiante dei Tulipani, il museo di Van Gogh, la casa di Anna Frunk. In quest'ultima, sì che ti vengono i brividi ad attraversare quelle stanze strette e senza luce, dove di giorno non potevi far rumore e dovevi parlare a bassa voce. Ma poi usciamo e di nuovo a camminare per le stradine, attraversando i ponti dei canali, vedendo i ragazzi che si divertono facendo un giro in barca. E poi i caffeeshop dove è vietato come in qualsiasi posto chiuso fumare tabacco ma è lecito fumare canne, mangiare il maffin allucinogeno, ma è anche vietato bere alcolici. E così accompagni la tua fumata di erba con sorsi di latte o succo di frutta, magari nel Caffe Dumkring e sentirsi un po' come Brad Pitt in Ocean 12.

Oppure andare a ballare all' Escape, discoteca di grido che si trova a Rembradtplein, piazza stupenda piena zeppa di locali, ristorantini e disco. Perchè non allungarsi a sud della città, nel quartiere De Pijp, dove si beve un bollentissimo thè alla mente, il più buono d'Europa. De Pijip è un piccolo centro nella periferia della città. Si mangia benissimo e per tutte le forchette internazionali, ma poi anche qui si incontrano giovani a far baldoria fino a tardi.

Ma c'è il sole e noi desideriamo vedere i colori, vederli meglio senza il frastuono della città. Prendiamo il treno e ci dirigiamo a Enkhuizen, ad un'ora dalla città. Paese antico di pescatori, non vola un insetto, arrivi praticamente sul porto e subito si scorgono tantissimi alberi di barche. Vedi il mare. Asolti la tranquillità di casette unifamiliari, strade silenziose. Sembra quasi un plastico gigantesco. Tutto è ordinato e passeggi tra le case e guardi dalle vetrate e vedi i mobili. E ti rendi conto che non esistono serrature pesanti, che tutti vivono in tranquillità. E poi i baretti ed i pub dove si mangiano le arringhe crude. E poi le dighe, il ponte lunghissimo di legno. Ma poi abbandoni tutto questo, è tardi.

Ritorniamo nella caotica città. Arrivi e guardi le case strettissime, pendenti, scure, con tante piccole finestre. E poi di nuovo la follia della notte con i suoi neon fluorescenti e coloratissimi. Mai ho desiderato null'altro che esserci, esserci ad Amsterdam.

domenica 20 marzo 2011

IRISH CELTIC TAMMORRA'S MUSIC



Serata casertana con pochi amici, quelli buoni. Una serata che parte da San Nicola la Strada, da un bar gestito da simpatiche vecchiette che lente lente ti preparano l'espresso e l'arredamento intorno ha il sapore del vecchio, della semplicità di un amarcord dove il lusso non serve quando domina la tradizione.

E dopo il caffè, un documentario su San Nicola la Strada in un convitto, la cui sala visione è preceduta dal museo del contadino con l'esposizione di tutti gli arnesi da lavoro. Arnesi che ti riportano ad un passato remoto anche se poi non così lontano quando intravedo la bilancia manuale che fino a poco tempo fa si utilizzava ancora.

Inizia il documentario sull'antico Comune con foto, racconti ed aneddoti di generazioni passate, che hanno dato vita ad un presente e con il monito di avere memoria e di non dimenticare perché senza la memoria non c'è il futuro.

Che bello rivedere i cortili, le facciate, la chiesa , i battenti antichi. Rivivere quei momenti dove sfidare un tabù sarebbe stato punito severamente come per quel giovane spavaldo ed irriverente che baciò con forza, all'uscita della chiesa, colei che lo aveva rifiutato, quasi a mortificarla i pubblico.

E poi, dopo la visione della storia, un gruppo di canto popolare inizia a suonare tammurriata e pizzica invogliando il pubblico a ballare ed a battere “e castagnell” e così a farsi trascinare dalla musica per cinque, sei canzoni di fila.

Ma la serata non finisce quì. Da San Nicola ci spostiamo a Caserta, in Via Fuga, al Metropolitan.
Stasera lì c'è musica celtica. Che bello tuffarsi nell'Irlanda, magari a Dublino. Violino, flauto traverso, chitarra battente, strumenti tipici di una tradizione, quella irlandese, la cui musica rapisce e fa sognare trasportandoti in luoghi e tempi irreali e mai vissuti.

Ma mai avrei potuto pensare che un gruppo di musica irlandese potesse poi improvvisare una tammurriata. Invece è successo! E' bastata la vista, da parte di un componente del gruppo, di castagnette impugnate da qualcuno del pubblico per dare inizio ad una pizzica seguita da tammurriata. E così vai con le classiche “Alli uno”, “tammurriata nera”, “piglio o cano” e così via.

E ti rendi conto come tutta la musica sia bella e come non sia così difficile spostarsi da un genere all'altro. Anche se forse in pochi sanno, e la sottoscritta stessa non sapeva, che il folklore musicale irlandese ha una piccola radice anche nella nostra bella musica popolare.